Foreign Affairs (letteralmente “Affari Esteri”) è la rubrica dedicata agli italiani che stanno maturando o hanno maturato una esperienza oltre i nostri confini. A cura di Gianluca Iaccarino per federhockey.it

Francesco Mitrotta, classe 1990, nato e cresciuto hockeisticamente nel Butterfly di Marco Grossi, inizia a giocare a hockey, come tanti, a scuola in quarta elementare. L'anno successivo inizia a calcare con regolarità il prato sintetico dell'Acquacetosa e da lì inizierà la trafila nelle giovanili rossonere. La vocazione di portiere lo spinge a difendere i pali della prima squadra romana, con cui partendo dalla serie B arriverà alla storica prima promozione in serie A1 nella stagione 2008-2009. L’avventura di Francesco in maglia azzurra nasce invece un anno prima: nell'estate 2007 viene convocato per l'Europeo U18 di Cernusco e successivamente debutta a 17 anni nella selezione maggiore, in occasione di una trasferta a Edimburgo.

Francesco è anche uno dei ragazzi italiani che ha deciso di affrontare l'importante sfida di vivere all'estero, cercando di coniugare la passione per l'hockey con la crescita professionale personale. Dopo una prima esperienza a Madrid, con il Pozuelo, questa estate ha intrapreso la strada del Belgio dove attualmente difende i pali del Royal Herakles Hockey Club di Antwerp, club militante nella massima serie belga.

Lo abbiamo sentito al termine della prima fase di campionato, chiusa al settimo posto in classifica, per farci raccontare la sua pluriennale esperienza estera.

- Francesco da dove è nato l'impulso che ti ha portato a lasciare l'Italia?

Ad essere sincero il momento in cui è scattato il classico "ora prendo e vado" non è proprio identificabile temporalmente. Frequentavo l'Università di Roma Tor Vergata e alla fine del secondo anno ebbi la possibilità di intraprendere l'esperienza dell'Erasmus all'estero. Tra le possibili sedi c'era Madrid, che sapevo avere una buona università ed essere anche una ottima meta per continuare a giocare a hockey. Tentato anche da questo presi la decisione di spostarmi nella capitale spagnola dove ho passato quattro bellissimi anni. All'inizio ho avuto una borsa di studio di 10 mesi dall'Università ed ero riserva nella prima squadra. Al termine di questo primo periodo la società mi fece capire che voleva puntare su di me attraverso una buona offerta che mi convinse a restare. Da quel momento è stato un crescendo positivo di esperienze, sia nell'hockey che personali, con la Laurea in Scienze Motorie conseguita anche in Italia ed il successivo Master a Madrid.

- In estrema sintesi, dalle tue parole, si evince un bilancio di vita positivo.

Positivissimo sotto tutti i punti vista, mi rendo conto di aver intrapreso con coraggio un percorso personale che mi ha fatto crescere molto. Esperienze di questo tipo non hanno prezzo e ti plasmano il carattere dandoti tante possibilità di migliorare.

- Tornando all'hockey hai avuto il merito e la fortuna di giocare ed allenare in due nazioni molto evolute, Spagna e Belgio. Quali sono le principali differenze tra questi due campionati e quali le cose che ti hanno colpito maggiormente nell'organizzazione dei Club?

In entrambi i campionati ho avuto a che fare con allenatori di alto livello, sia nel ruolo di portiere sia come allenatore di giovanili e squadre senior femminili. Da dentro il campo, come giocatore, ho potuto notare che l'hockey spagnolo è molto tattico e con tanto lavoro di preparazione delle partite. Le sedute preparatorie si svolgono durante l'intera settimana, a volte affrontando anche aspetti tattici molto specifici. Di fatto in campionato i risultati finali delle partite sono sempre molto tirati e spesso lo scarto tra le squadre è minimo.

Invece, da quello che ho visto nella prima parte di questa stagione, in Belgio c'è più fisicità e più individualità, tutte le squadre possono battere le altre ed il gioco è spesso molto entusiasmante e veloce. Una grande differenza la fa anche il numero dei soci dei club, in Belgio siamo sui 1100 mentre in Spagna sui 300.

Qui c'è molto più coinvolgimento da parte di tutti, dai genitori ai parenti meno stretti fino ai giocatori. Ognuno porta esperienza, entusiasmo e risorse finanziarie a tutti i livelli. Per fare un esempio nelle partite delle squadre under 8 spesso gli arbitri sono i genitori anche se non sono mai stati giocatori. Questo di fatto porta molta aggregazione sociale e spirito di appartenenza.

Da un punto di vista federale in Spagna c'è di fatto una egemonia dei grandi club che gestiscono anche la maggior parte delle decisioni politiche, in Belgio il primo obiettivo di tutti è quello di diffondere questo sport in modo collaborativo. In particolare il reclutamento non è solo scolastico, in occasione di Halloween il mio club ha organizzato, nella fascia oraria dalle 19 alle 22, un torneo denominato "Hockey fantastics by night" con relativa festa post partite. Si giocava in maschera con squadre composte da 15 persone di cui almeno 10 di queste non avevano mai giocato prima ad Hockey.

- Ci puoi descrivere la tua attuale giornata tipo in Belgio?

Sono arrivato da poco e sto ancora finendo di organizzarmi. Al momento solitamente la mattina faccio potenziamento in palestra e lavoro per prendere contatti con le Università locali per proporre dei miei progetti. Il pomeriggio lo passo al club per allenarmi o allenare squadre giovanili o svolgendo lavori specifici con i  portieri meno esperti. Da febbraio inizierò a studiare l'olandese, può sempre tornare utile in futuro.

- Qual è il tuo più bel ricordo sportivo degli anni passati in Spagna?

Ne ho due tra cui non saprei scegliere. Il primo è legato al campionato indoor giocato il secondo anno in cui ero a Madrid. Era la prima volta che il Pozuelo accedeva alla Final Four, alle partite assistevano tutti i bambini delle nostre giovanili a tifare per noi e sono stato nominato miglior portiere della manifestazione. Ma anche la soddisfazione ottenuta la passata stagione è un ricordo importante. Eravamo in lotta per la promozione nella massima serie e giocavamo l'ultima partita contro il Valles, la seconda squadra dell'Atletico Terrassa. Riuscimmo a segnare il gol della vittoria ad un minuto dalla fine su corto, contemporaneamente il Barcelona subiva il gol della sconfitta ed il tutto ci ha regalato una bellissima promozione.

- Come saprai di recente è stato creato un nuovo assetto per la Nazionale Maschile, con la nomina di Roberto Da Gai a Diretto Tecnico. Nutri ancora interesse e speranze per un ritorno in Azzurro?

Assolutamente si! La maglia azzurra è per me sempre la priorità e di fatto l'obiettivo principale della carriera. Vestire la maglia azzurra è sempre una gioia ed una emozione.

- La tua più bella esperienza in maglia azzurra?

Anche qui ne ho due. La più fresca è quella delle Universiadi 2013 di Kazan, specie per il tipo di manifestazione. E' stato un sogno giocare un torneo del genere, per l'organizzazione, le nazioni partecipanti e la bella figura che abbiamo fatto disputando ottime partite spesso anche emozionanti. Come prestazione invece direi l'Europeo Indoor U21 di Pool B svolto a Lignano nel 2011. Chiudemmo senza sconfitte e fummo promossi, si creò un bellissimo gruppo di cui ero il Capitano. L'ambiente era molto coeso a livello umano anche se ci arrivammo senza aver svolto prima allenamenti collegiali.

- Tornando all'attualità segui il campionato italiano?

Seguo soprattutto la A2 per la presenza della mia ex squadra, il Butterfly. Dall'estero non si riesce a capire bene il livello attuale della A1 ma avere la massima serie a 12 squadre è sicuramente una buona spinta per la competitività generale. Quando arrivai il primo anno in Spagna era già così e fu una delle novità che mi colpì di più.

- Ti senti di dare un consiglio particolare ad un giovane che volesse fare una esperienza simile alla tua?

Solo di farla con coraggio, senza aver paura di mettersi completamente in gioco e discussione. E' importante offrire se stessi con umiltà e predisposizione al lavoro, senza pensare di essere i migliori ma neanche svendendosi. Bisogna ricordarsi che il lavoro paga sempre.

- Qual è il tuo sogno hockeistico nel cassetto?

E' sempre stato quello di disputare le Olimpiadi. Come ho detto ho avuto il privilegio di partecipare alle Universiadi di Kazan che di fatto sono una mini olimpiade e questo mi ha fatto venire ancora più voglia di metterci tutto nel lavoro quotidiano per riuscire a giocare la competizione che sogno. Sognare non costa nulla e se si concretizzasse la speranza di Roma 2024 avrei 34 anni: neanche tanti per un portiere! (23.11.15 - gi/mg)

 

Gianluca Iaccarino per federhockey.it

(ampia galleria di foto sulla pagina facebook FIH - Federazione Italiana Hockey)

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