Per alcuni è stato uno dei più grandi giocatori nella storia dell’hockey prato italiano; per altri è stato semplicemente il più forte: il più forte di sempre. Nato a Roma il 27 luglio 1975, a 34 anni, con la nascita della figlia, Gianluca Cirilli ha lasciato l’hockey giocato per dedicarsi alla panchina. Da atleta, invece, ha vinto uno scudetto con Amsicora, poi ha inanellato un ciclo vincente con l’HC Roma: cinque scudetti prato (e non meno bene è andata con l'Indoor). Naturalmente numerose le presenze collezionate in azzurro in circa vent’anni e una carriera di allenatore cominciata (nell’hockey succede spesso) quando ancora era alfiere in campo (guidò le ragazze del San Saba nel campionato Indoor 2004-05). L’anno del ritiro coincide con il primo incarico di allenatore prato (ancora con San Saba) e la conquista dello scudetto; nella stagione successiva il passaggio alla maschile, con l’approdo al Tevere EUR, che Gianluca allena ormai da 5 anni. Anni dentro e fuori dal campo, che sono coincisi anche con i ruoli nello staff azzurro e il titolo di “coach campione d’Europa" conquistato con i ragazzi dell’Under 18 a Calais, la scorsa estate. Un Championship II da record per l'hockey italiano (non solo giovanile): imbattuti in tutte le partite giocate e finale da 7-0 per gli azzurrini!

Come stanno quei ragazzi?

"Quando ho visto in campo i classe ’97 e ’98 che erano a Calais questa estate mi sono tutti piaciuti molto: in massima parte giocano nelle rappresentative senior dei propri Club, spesso da titolari e questo è importante". E dà la misura del loro valore.

In giro ci sono altri giovani di valore?

"Molti, soprattutto tra i '95 e i '96, volendo rimanere sui ragazzi sotto ai vent'anni, ci sono atleti davvero interessanti". Ma guai a tirar fuori un nome al mister del Tevere EUR.

Tornando indietro di qualche anno, qual è l’atleta più forte che ti è mai capitato di affrontare da giocatore?

"Ho sempre giocato in Italia, ma tra azzurro e coppe europee ricordo di aver affrontato dei tedeschi straordinari, in particolare Mayerhöfer. Tra gli italiani della mia generazione, invece, dico Federico Ardito, anche se in realtà è stato un mio compagno di squadra e non un avversario: con le sue doti avrebbe potuto giocare nelle nazionali di qualsiasi paese".

Per un allenatore, che caratteristiche deve avere il giocatore perfetto?

"Deve essere forte tecnicamente e fisicamente, sempre combattivo e intelligente tatticamente, perché deve essere capace di prevedere le situazioni con due secondi d’anticipo. E' proprio questo che fa la differenza tra un giocatore e un giocatore fortissimo. Che lo capisce prima è più avvantaggiato. E poi, beh, se sa anche far gol...".

Qual è la squadra che ti ha impressionato di più questa stagione?

"Noi del Tevere non abbiamo ancora affrontato CUS Padova e HC Bra, ma li ho visti in tv. Il Bra ha belle individualità e buon gioco: è la classica squadra che non vorresti mai incontrare. E mi aspetto che anche il Padova giochi bene (sabato c'è Tevere-CUS, ndr): loro a mio avviso sono la realtà più sana degli ultimi anni. Tra quelle affrontate, invece, c'è Amsicora, che è la più abituata a star lì: anche in una gara ferma sul pari hanno l'atteggiamento e la mentalità giusta per riuscire sempre a portare a casa il risultato. Bisogna poi fare i complimenti alla Ferrini, che sta facendo un gran campionato:  hanno un gioco tanto semplice quanto efficace e sono quadrati; la gara con Amsicora di sabato è affascinante. E poi c'è la Bonomi che sta facendo benissimo, peraltro con l’inserimento di molti giovani".

Chi vince lo scudetto?

"La pretendenti sono le solite. E senza Play Off anche un pareggio può fare la differenza".

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