Dopo l'esperienza in Coppa d'Africa con la sua Tanzania Valentina Quaranta è rientrata a Bra per qualche giorno di vacanza. Un’occasione per rivedere parenti e amici e per seguire la sua squadra di sempre, la Lorenzoni. Non ci siamo fatti mancare l’opportunità di fare qualche domanda a Valentina.

Che cosa ha rappresentato per te e per le tue ragazze la storica partecipazione della Tanzania alla Coppa d’Africa?

La partecipazione alla Coppa d’Africa che si è svolta lo scorso ottobre a Johannesburg (Sudafrica), nonché torneo valido per la qualificazione alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016, ha rappresentato un passo molto importante per il piccolissimo movimento hockeyistico tanzaniano. Infatti entrambe le nazionali tanzaniane, maschile e femminile, hanno preso parte al più grande torneo hockeystico a livello africano, con la possibilità di confrontarsi con squadre molto forti e giocare a un livello molto alto di hockey.

E’ stata una straordinaria esperienza per le ragazze e i ragazzi tanzaniani di formazione non solo sportiva ma di vita. Per la maggior parte di loro era la prima volta che prendevano un aereo, a esempio, e per alcuni di loro era anche la prima volta che uscivano dal paese. Hanno visto un paese nettamente all'avanguardia rispetto alla Tanzania, come il Sudafrica, sicuramente sono ritornati in Tanzania con una prospettiva diversa delle cose. Anche a livello hockeystico abbiamo imparato molto: ci siamo confrontati con colossi come il Sudafrica, Ghana, Kenya, Nigeria, Zimbabwe e Namibia.

A livello femminile abbiamo giocato contro le squadre più forti d’Africa, di livello nettamente più elevato del nostro, non avevamo squadre alla nostra portata. Le ragazze hanno dato tutto quello che potevano dare in moltissime situazioni, ma la poca esperienza e la stanchezza hanno fatto sì che in altre circostanze prendessimo goal più facilmente, perché se abbassi un attimo la guardia le altre squadre segnano, non stanno ad aspettare. Fa rabbia pensare che abbiamo perso tutte le partite, ma se poi penso che questa squadra è composta da 18 ragazze che giocano a hockey da un anno e mezzo e che si allenano su un campo di sabbia e pietre, che provengono da una condizione sociale ed economica molto bassa e che sono le uniche giocatrici di hockey in tutta la Tanzania per adesso, ci sono molti aspetti positivi e molti miglioramenti si sono visti nel corso delle partite.

La maschile è stata seguita dal grande allenatore e amico Nick Isbouts, che dopo essere venuto in Tanzania lo scorso gennaio a fare un campo di volontariato hockeystico, ha deciso di ritornare a dare una mano allenando la maschile e trovando i soldi per permettere alla squadra di partecipare al torneo. Nick si è dedicato a questa avventura e la sua energia ed esperienza è stata di grande supporto per tutti i giocatori e lo staff. I maschi sono riusciti a vincere una partita contro il Botswana e si sono classificati ottavi su nove squadre.

Colgo l'occasione per ringraziare ancora tutti coloro che ci hanno supportato nella campagna di raccolta fondi per la partecipazione a questo prestigioso torneo: senza il loro aiuto non saremmo arrivati fino a Johannesburg. Purtroppo la Tanzania è un paese dove il governo non supporta finanziariamente le federazioni sportive, per cui tutti i finanziamenti devono provenire da fondi privati, e diventa molto difficile, se non impossibile, se non si ha un network di finanziatori e donatori, dentro e fuori la Tanzania, che supportino la crescita di questo sport.

Ora quali sono i prossimi progetti? Quali sono i prossimi obiettivi per la Tanzania?

Il prossimo obiettivo nell'immediato è l'organizzazione del primo torneo scolastico di hockey, che stiamo organizzando a Dar es Salaam l'ultimo weekend di novembre. Per la prima edizione del torneo, parteciperanno le squadre di Dar es Salaam, divise in primarie e secondarie. Ci aspettiamo che partecipino 10 scuole, con un totale di più o meno 300 bambini e ragazzini coinvolti. Un passo importantissimo per lo sviluppo dell'hockey in Tanzania, fino a un anno e mezzo fa, non esisteva hockey nelle scuole, oggi abbiamo iniziato hockey nelle scuole di Dar es Salaam, Lindi, Tanga e a breve inizieremo anche ad Arusha e Moshi. L'obiettivo è quello di diffondere l'hockey tra i ragazzini, e formare i giocatori e le giocatrici in modo da farli divenire anche allenatori e allenatrici.

Un altro obiettivo è quello di aumentare il numero di giocatrici a livello femminile, quindi diffondere l'hockey a livello comunitario, non solo scolastico. Il prossimo anno a marzo ci sarà la Coppa d'Africa U21 in Namibia: l'obiettivo è partecipare con almeno uno squadra al torneo.

Un altro obiettivo che è stato raggiunto poco tempo fa è stato la creazione di una fondazione che sostenga il progetto a lungo termine, si tratta della "Twende Foundation", con base in Olanda, costituita dagli olandesi Ivo Caminada (allenatore del Club Rhc: è venuto in Tanzania lo scorso anno con la sua squadra U16 e poi ha deciso di continuare ad aiutarci), Nick Isbouts (di cui ho parlato prima) e Elly Duiveisteijn (del club Rhc) oltre che da me stessa.

L'obiettivo della fondazione è quello di portare avanti il progetto, soprattutto l'hockey nelle scuole, progetti di micro-credito per i giocatori e le nazionali, attraverso formazione di allenatori locali, raccolta di materiale hockeystico e raccolta fondi. La costituzione di questa fondazione rappresenta un punto cruciale per la sostenibilità del progetto, sempre più persone stanno entrando della rete di supporto all'hockey in Tanzania e iniziano a lavorare insieme ai Tanzaniani per crescere, e questo per me è fondamentale per il futuro. La sfida maggiore resta per la federazione tanzaniana il compito di crescere a livello locale, in termini organizzativi ed economici per poter sostenere nel prossimo futuro le nuove attività e la partecipazione delle nazionali ai tornei su territorio africano.

Hai assistito ad una bella partita fra Lorenzoni ed Amsicora. Come ti è sembrato lo stato di salute dell'hockey femminile italiano?

Mi ha fatto molto piacere vedere in campo tante ragazze giovani con buona tecnica, la partita è stata giocata a un livello alto da entrambe le squadre. Entrambe le società hanno lavorato da sempre sui giovani, e i risultati si vedono in campo e si vedranno nel prossimo futuro. Penso che le sfide che si trova ad affrontare l'hockey femminile a livello italiano siano, almeno in parte, simili a quello che si troviamo ad affrontare anche in Tanzania: difficoltà ad attirare (e far si che rimangano nel tempo) i giovani a uno sport poco conosciuto, difficoltà a reperire i fondi per organizzare manifestazioni, tornei, trasferte. ecc. Poca visibilità a livello mediatico. Sicuramente poi ci sono peculiarità di due contesti socio-culturali come Europa e Africa, che intervengono anche nel piccolo mondo dell'hockey, ma i fattori che ho elencato sopra credo che siano comuni a vari contesti.

A proposito di hockey femminile, a Bra era presente un tuo illustre collega: Roberto Carta, nuovo direttore tecnico delle nazionali femminili. Cosa ti aspetti dalla sua gestione? Quali consigli ti sentiresti di dargli?

Roberto Carta è stato mio allenatore in nazionale sin da quando ero piccola: rimarrà sempre un mio allenatore per cui per lui ho grande affetto e rispetto. Non me la sento di dargli consigli perché la mia esperienza in confronto alla sua è nulla e ho solo da imparare da persone con anni di esperienza e passione come lui. Mi posso solo complimentare con lui per il nuovo ruolo e augurargli un grandissimo in bocca al lupo per questa nuova avventura. (12.11.15 - sv/mg)

 

Stefano Villa per federhockey.it

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