La notizia non è freschissima; ne aveva fatto cenno nel 2007 il giornalista svizzero Rene Stauffer nella biografia (autorizzata) “The Roger Federer Story: Quest for Perfection”, ma a 36 ore circa dalla conclusione di una delle più belle finali di Wimbledon degli ultimi vent’anni, merita un rilancio: se Roger Federer non avesse scelto di giocare a tennis  sarebbe forse diventato un giocatore di hockey? In molti giurano di sì, perché sua madre Lynette, sudafricana di nascita, di hockey è stata una eccellente e appassionata giocatrice, nei primissimi anni Settanta. Galeotto fu poi l’incontro con il futuro marito Robert, grande appassionato di calcio e (soprattutto) di tennis.
Lynette Durand incontra Robert Federer nella caffetteria della Ciba, un’azienda chimica tra le più importanti al mondo in quegli anni e con diverse sedi internazionali; lo svizzero Robert vi si è trasferito da poco, raggiungendo Kempton Park, un sobborgo di Johannesburg, direttamente dalla sede di Basilea. Lynette ha solo 18 anni ma alla Ciba fa già la segretaria e riesce a ritagliarsi tempo a sufficienza per non trascurare la sua passione (sportiva) più grande: l’hockey prato. Lynette era “una delle migliori tre giocatrici di hockey” della regione, dirà qualche tempo più tardi (dichiarazione recentemente recuperata dalla IHF). Ma siccome in Sudafrica “non puoi crescere senza praticare sport”, Lynette cerca il punto di contatto sportivo con il suo Robert; lo trovano nel tennis. Tre anni d’amore a Johannesburg poi la decisione di seguire il futuro marito (in realtà senza troppa, iniziale, convinzione) a Basilea. Per molti anni rifletteranno sulla possibilità di tornare in Sudafrica, una terra che sentono più loro e dove il loro amore ha avuto inizio. La riflessione, però, rimarrà solo tale. La vita (di coppia) è un progetto che prende forma, si evolve; così, dopo le nozze, nel ’79 nasce Diana e, ventuno mesi più tardi (1981), Roger. Proprio in quegli anni a Basilea la Ciba apre un circolo sportivo per i propri dipendenti e la presenza, nella struttura, di numerosi campi da tennis fa definitivamente innamorare Lynette di questa disciplina; una passione che trasmetterà a Roger: “Ho sempre avuto talento per lo sport, un sano spirito competitivo, una giusta dose di ambizione e grande forza d’animo”, dice Lynette in una dichiarazione riportata anche dalla Federazione Internazionale. Attitudini, naturali, trasmesse al figlio Roger e che, ci piace pensare, nascano anche dalla sua iniziale passione per l’hockey. Non avremo mai la controprova del fatto che Roger sarebbe diventato un grande giocatore di hockey, nel caso in cui i suoi genitori fossero rimasti a Johannesburg. Per certo Basilea, la Svizzera e il mondo intero hanno trovato uno straordinario tennista, forse il migliore di sempre. Un uomo capace di arrivare a 32 anni alla finale di Wimbledon, la nona di una carriera senza pari, nella quale Federer ha vinto 7 volte il più prestigioso torneo del mondo, 5 volte gli US Open, 4 gli Australian Open e una volta il Roland Garros. E (nel 2012) quella che ogni sportivo vorrebbe sempre nella propria bacheca personale: la medaglia d’oro olimpica.

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