Di Valentina Quaranta

Quando, poco più di tre mesi fa, ho ricevuto la chiamata dal segretario della Federazione Tanzaniana di hockey in cui mi chiedeva se li aiutavo a raccogliere i fondi per partecipare con le squadre nazionali all’Africa Cup of Nations e di allenare la squadra femminile, senza pensarci su due volte ho detto di sì. Quella notte non ho dormito, mi ricordo che mi giravo nel letto sognando ad occhi aperti. Il giorno dopo la notte insonne, mi son seduta e ho iniziato a pensare che cosa voleva dire cercare i fondi per andare a Nairobi. Di quanti soldi ho bisogno? Ma soprattutto, dove li vado a cercare e a chi li vado a chiedere? Ho iniziato a scrivere mail a tutte le persone che conosco in Italia, amici, parenti, hockeisti… in cerca di aiuto. Poi, altro piccolo particolare … non ho la squadra!!! Di ragazze al campo da hockey fino a quel momento ne avevo viste quattro... hum… Ok, allora assieme a Magan, l’allenatore della squadra maschile che adesso è il mio “vice”allenatore, ci siamo messi a rintracciare le altre ragazze una ad una. “Rimettiamo in piedi la squadra femminile, vieni al campo, ci alleniamo tutti i giorni al mattino presto, dai che abbiamo la possibilità di andare a Nairobi a giocare l’African Cup of Nations!” Questo è quello che ho detto alle ragazze quando le ho chiamate la prima volta. La prima risposta che ho ottenuto da molte di loro, è stata diffidenza … “Si, ma poi noi veniamo al campo, ci alleniamo e finisce che non andiamo a giocare perché non ci sono i soldi! Finirà come anni fa, quando la squadra c’era ma poi è morta perché la Federazione non aveva abbastanza soldi per i maschi e per le femmine”. Fin da subito ho cercato di spiegare loro che questa volta era diversa, che mi ero presa l’impegno di cercare i soldi per portarle a Nairobi e di allenarle. “Domani mattina alle 6 al campo iniziamo gli allenamenti. Vieni al campo e vedrai”. Il primo giorno erano in tre. Il secondo e il terzo giorno pure. Poi, piano piano, la voce che la squadra si stava ricomponendo si è sparsa, hanno incominciato ad arrivare, una ad una. Dopo un mese eravamo in 12. Un giorno è arrivata al campo una ragazza che ha chiesto di giocare pur non avendo mai preso un bastone in mano. Happy end: tra due settimane partirà con noi per Nairobi. Oggi le ragazze sono 16.


Nel frattempo, la corsa contro il tempo per trovare soldi la continuavo di notte, scrivendo mail in Italia cercando possibilità di ottenere qualche fondo e di giorno, andando a destra e sinistra per Dar es Salaam, bussando porte di molti uffici e parlando con responsabili del settore marketing di grandi aziende e banche che di hockey non ne avevano mai sentito parlare e che rimanevano sconcertati del fatto che una bianca stesse chiedendo loro soldi per uno sport sconosciuto. Dopo mille giri a vuoto, ore di attesa, colloqui etc… la maggior parte delle volte la risposta che mi son sentita dire è stata “Mi dispiace ma non abbiamo soldi”. Beh, in effetti era prevedibile che un’azienda come la Vodacom o la Coca Cola non avessero due soldi da spendere per la squadra nazionale di hockey. Invece per una squadra qualsiasi della serie Z di calcio, sì. Ma questi sono i misteri della vita a cui non è possibile dare una risposta. A volte non sapevo se ridere o piangere. Quando sono passata alla Pepsi, manco ci volevo andare. E’ stato Cristian, il guidatore di moto di fiducia che mi ha accompagnato con il suo piki piki (motoretta in swahili) in tutti i giri per Dar es Salaam alla ricerca di soldi, che quel giorno, dopo l’ennesima porta in faccia, mi ha spronato e mi ha detto che prima di portarmi a casa dovevo passare dalla Pepsi. Quando sono entrata nell’ufficio Marketing ho incontrato il signor Arun, un indiano, che il destino ha voluto essere ex giocatore di hockey in India e poi anche in Tanzania anni fa. Si è subito interessato all’iniziativa, entusiasta che ci fosse qualcuno che ancora giocava a hockey in Tanzania. Dopo un po’ di settimane, ho ricevuto la sua telefonata in cui mi diceva che la Pepsi aveva accettato la richiesta di sponsorizzazione. Oramai so qual è la risposta ad una delle domande esistenziali che tutti noi ci poniamo nella nostra vita, tipo Beatles o Rolling Stone? Pizza o pasta? Coca cola o Pepsi? Decisamente la seconda.


E poi nel frattempo in Italia la voce dell’iniziativa si è diffusa e sono iniziati ad arrivare aiuti da amici, hockeysti e non e anche da persone sconosciute che si sono interessate a questo sogno, o forse pazzia è la parola giusta… Sono veramente tante le persone che mi hanno aiutato in questi mesi, alcune già le conoscevo ed altre ho avuto il piacere di conoscerle lungo questo cammino. Ognuno ha contributo a suo modo, in maniera diversa, rendendo l’obiettivo man mano meno distante, permettendomi oggi di toccarlo con mano. Nairobi è qui, a due passi. Grazie ai ragazzi del CO.P.E., sia in Italia che in Tanzania, che mi hanno supportato fin dall’inizio, grazie ai ragazzi dell’ong di Palermo Tulime, che hanno deciso di supportare l’iniziativa, grazie ai signori della Pepsi, alla Federazione Italiana di Hockey, al gruppo dei Lions Club di Savona, agli amici di Messina, ai ragazzi della Marina Militare Italiana, agli amici della Ferrero, agli hockeysti di Bra e tutta Italia, ad Anne dalla Germania e agli amici dell’Adidas che ci hanno aiutato ad ottenere le scarpe, grazie all’allenatrice e amica Ineke che dall’Olanda è venuta ad aiutarci per due settimane con gli allenamenti e ci ha insegnato molto, a Nairara per il supporto con Indiegogo. E grazie agli amici di una vita, a famiglia e parenti, e alle persone che non ho avuto il piacere di conoscere di persona, ma che hanno preso a cuore questo sogno e hanno deciso di contribuire a questa avventura donando un pezzo di sé stessi. Spero di non aver dimenticato nessuno, nel caso, perdonatemi… è l’età che avanza!
Oggi manca poco alla partenza per Nairobi. Le ragazze si sono allenate con impegno tutti i giorni al mattino presto, le ore migliori per evitare il caldo e il traffico tremendo di Dar es Salaam, e due o tre volte la settimana anche al pomeriggio. Stanno piano piano migliorando sia la condizione fisica che tecnica, ma ci vuole molto lavoro e pazienza, ci stiamo preparando per una competizione importantissima di altissimo livello in meno di tre mesi, partendo totalmente da zero.
Purtroppo, c’è da segnalare una notizia abbastanza negativa, che però esce fuori da quello che abbiamo fatto noi finora qui in Tanzania. Pochi giorni fa, a una settimana dall’inizio della competizione, prevista per il 26 settembre, due squadre che dovevano partecipare all’Africa Cup of Nations si sono ritirate all’improvviso. Si tratta della Nigeria e della Namibia. Sono rimaste quattro squadre femminili, il Sud Africa, il Kenya, il Ghana (che sono le squadre più forti in Africa) e … la Tanzania! Mancanza di soldi che dovevano arrivare dai rispettivi governi, questo il motivo del ritiro di queste squadre. E’ un vero peccato, per noi perché erano le uniche due squadre con cui avevamo qualche chance di giocare forse alla pari, per l’hockey e lo sport in generale, è brutto quando succedono queste cose. La competizione è dunque stata posticipata di qualche giorno, inizierà il 1 di ottobre e durerà fino al 5. Dopo l’amarezza e la rabbia iniziale, quando è arrivata la notizia, ci abbiamo riflettuto abbiamo deciso di partire comunque il 22 per Nairobi, come era previsto. Dobbiamo prendere quello che di buono ha portato questo fatto negativo che ci è calato addosso dall’alto, e utilizzeremo la settimana che saremo a Nairobi per fare allenamenti e partite amichevoli con il Kenya o con squadre femminili di Nairobi. Alla fine, è un’opportunità di poter migliorare ancora e allenarsi su un campo “normale” di hockey, sull’erba sintetica, che le ragazze non solo non ci hanno mai giocato, ma non lo hanno nemmeno mai visto! Aspetto di vedere le loro facce quando lo vedranno, e soprattutto quando si passeranno la palla e vedranno che non salterà!
Oggi giornata di ultimi preparativi, con tanto di conferenza stampa, e domani partenza!
Se penso che poco più di tre mesi fa non c’era nemmeno la squadra, e che oggi siamo a ridosso della partenza per Nairobi, e che televisioni, giornali e radio locali quasi ogni giorno vengono al campo per intervistarci. Beh, è un sogno.
Un sogno che si sta realizzando grazie al contributo di moltissime persone qui in Tanzania e in Europa, specialmente in Italia. Senza il supporto di tutti, non ci saremmo arrivati fino a qui e oggi non potrei scrivere questa lettera.


Una cosa ci tengo a dire, che credo sia importantissima, che la vera sfida sarà dopo Nairobi, per non lasciare che tutto cada nell’oblio di nuovo come anni fa, ci vuole una progettualità per il futuro per sviluppare l’hockey in Tanzania. I soldi che sono stati raccolti finora grazie a questa raccolta fondi e che rimarranno dopo tutte le spese, li donerò alla Federazione Tanzaniana e verranno utilizzati per organizzare altre attività, per andare avanti con gli allenamenti. Ma basteranno per quanto? Per poco. Per andare avanti, ci vuole l’impegno della Federazione Internazionale di hockey, e soprattutto del Governo Tanzaniano per supportare la crescita di questo e di altri sport nel paese. Ma, purtroppo, se la Tanzania è ancora uno dei paesi più poveri al mondo pur essendo pieno di risorse e non avendo mai avuto una guerra civile, il sistema politico locale ha grandi responsabilità sulla lentezza dello sviluppo del paese. Per cui, la vera sfida sarò combattere per poter sopravvivere, continuare a cercare altri fondi per andare avanti, organizzare eventi, costruire un campo decente, accogliere squadre da fuori, andare a giocare all’estero, andare nelle scuole a insegnare hockey ai bambini e ai ragazzini. Ci vuole tempo, ma soprattutto energia e sacrificio. E, se questa esperienza qualcosa mi ha insegnato, è che la testardaggine, quella buona che nasce quando si ha un sogno, alla fine la vince sulla fatica e sullo scoraggiamento che delle volte proprio di viene quando le cose non vanno come vorresti.
Asante sana a tutti quanti. Buona vita

Vale

 

(Vedi anche www.hockeytanzania.com)

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