Due quarti posti: è questo il bilancio degli Europei U16, maschili e femminili, che hanno avuto luogo nelle ultime due settimane a Vienna e Bologna. Due risultati uguali nella forma ma diversi nella sostanza, non fosse altro perché la maschile si è piazzata quarta su otto e la femminile ha chiuso quarta su cinque nazioni partecipanti.

Simili, però, le vicende di due tornei che hanno visto le nostre selezioni sbagliare una gara (in entrambi i casi con la Russia), vincere con altri rivali, e infine perdere di misura una gara ‘da medaglia’: anche in questa circostanza, per i ragazzi e per le ragazze, lo scoglio si è rivelato lo stesso per entrambi, l’Austria.

Gli Europei U16 sono stati l’epilogo del progetto giovanile legato ai Centri del Talento Hockeystico e al Festival del Talento; un cammino lungo un anno che ha coinvolto tantissimi giocatori e tantissime giocatrici, manager, allenatori e un numero davvero significativo di straordinari appassionati: la risorsa più grande per ogni disciplina dilettantistica.

Gli Europei U16 chiudono, per il 2014, un percorso partito da lontano: “Le cose positive sono ben più di quelle negative”, dice Enzo Corso; “il progetto è partito dalla scorsa stagione, ma ha preso ‘veramente piede’ a partire da ottobre 2013. In questi mesi gli staff territoriali hanno lavorato con passione e si è vista davvero la crescita dei gruppi Under 16 e Under 18, che il prossimo anno saranno impegnati negli europei di categoria e la cui selezione, anche in questo caso, avverrà mediante i CTH e il Festival”.

Un altro aspetto molto importante riguarda il fatto che “si è poi ritrovata quella voglia di atleti, società e delle stesse famiglie, di lavorare tutti insieme per la nazionale. Questo è uno degli obiettivi che ci eravamo dati e quello senza il quale non è possibile raggiungere alcun traguardo”. Nell’analisi delle due competizioni Corso constata che “purtroppo siamo stati vittime di due episodi sfortunati; da una parte l’infezione intestinale che ha colpito il 50% dei nostri ragazzi a Vienna e che ci ha fatto giocare l’ultima gara con la Russia in condizioni disastrose; dall’altra l’ingenuità mostrata nella partita con l’Austria che, sebbene dominata, ci ha fatto perdere contro una formazione che ha tirato per tre sole volte contro la porta difesa dalla nostra brava Clara Cusimano, peraltro premiata come miglior portiere e alla quale voglio fare i miei complimenti”.

 

A prescindere dai risultati, che “nelle fasi giovanili hanno una importanza relativa, questa stagione, nel complesso, ha dimostrato che abbiamo buoni margini di miglioramento”. Queste possibilità di crescita vanno alimentate “attraverso il lavoro, da svolgere con continuità nella varie aree: questo può portare nuova linfa all’hockey italiano”.

Probabilmente quello giocato dalla maschile e dalla femminile è stato l’ultimo Europeo Under 16 organizzato dalla Federazione Europea: “In questa fascia di età”, prosegue Corso “si era già aperto un dibattito in Consiglio e i riscontri, anche a livello continentale, sono numerosi. Molte nazioni non stanno più partecipando agli Europei giovanili, soprattutto quelle di prima fascia, privilegiando invece una attività di ‘camp’ che coinvolga un numero di atleti e atlete maggiore, per poi produrre delle selezioni da coinvolgere in incontri bilaterali”. Su questo tema la riflessione deve essere importante e ponderata “perché bisogna ricordare che questa è l’età classica dell’abbandono; non limitarsi a una selezione ristretta, ma organizzare eventuali camp con 30-40 giocatori può essere la soluzione più idonea per tenere ampia la base e non dover ricorrere a fare delle scelte, inevitabilmente dolorose, con ragazzi che hanno appena 14-15 anni”.

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